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Nessuno può attentare al nostro diritto di essere liberi

Ecco .... è quello che penso ..... dopo tutto ciò che sta accadendo, della paura che questi terroristi vogliono inculcarci. Il mio pensiero si ritrova delle parole della giornalista Deborah Dirani :

(FOTO DAL WEB)


"La libertà, per me che ho scoperto tardi la meraviglia di viaggiare, ha l'odore ibrido delle sale d'attesa degli aeroporti. Di quello sabbioso di Tindouf, in fondo all'Algeria, dove i bagagli si impolverano di sabbia e dove il check in è una pratica un po' militaresca. Di quello low cost di Londra, Stansted, dove ho trascorso una notte buttata per terra con lo zaino come cuscino, svegliandomi con le ossa rotte e la faccia spiegazzata. Del JFK di New York dove piangevo a dirotto perché non volevo proprio saperne di tornare a casa. Di Monaco e Berlino dove per quelle come me ci sono i gabbiotti in cui si può fumare come pesci in un acquario.
La libertà ha la forma di un aereo che ti porta via e ti appoggia lontano da ciò che conosci, che ti costringe al confronto con gli altri, tutti gli altri, anche quelli di cui non capisci la lingua e la cultura, i principi etici e quelli alimentari.
Colpire un aeroporto allora, per me, significa attentare al mio sacrosanto diritto a essere libera. Libera di volare dove i miei piedi non potrebbero portarmi, libera di conoscere quello che i libri non mi potranno mai raccontare. Significa proibirmi di annusare ancora i profumi orribilmente dolci delle donne di Miami, di fare le carezze al gatto rosso che si aggirava imperterrito e un po' impunito a un passo dagli imbarchi nazionali di Algeri, significa tentare di costringermi alla grettezza dell'ignoranza. Che è la causa di tutti i mali del mondo. Anche di quello di questa mattina. Un male così spaventoso che, esattamente come un mostro mitologico, chiede continui tributi di sangue per rimpinguarsi e continuare a vivere.
La prima volta che sono salita su un aereo avevo appena compiuto 36 anni. Era novembre del 2009 e fino ad allora avevo vissuto con la certezza che su uno di quei cosi di latta, da cui non sarei potuta scendere a mio piacimento, sarei morta di paura. Eppure quando sentii nelle orecchie il rollio che preannunciava il decollo e, subito dopo, il mio stomaco fece la capriola che confermava che ero nel cielo, provai la gioia più grande della mia vita. Mi sentii padrona del mondo (e dire che stavo solo andando a Monaco...), avvertii la perfezione della libertà.
Non avevo più limiti e confini: avrei potuto finalmente vedere il mio quadro preferito di Van Eyck che è esposto alla National Gallery di Londra, avrei potuto vedere dove Audrey Hepburn si fermava a fare colazione (da Tiffany, sulla Quinta, a New York) quando aveva le paturnie, avrei potuto mettere i piedi a mollo nell'Atlantico in febbraio, avrei potuto vedere Van Gogh ad Amsterdam e la Frick Collection dietro Central Park.
Avrei potuto vivere un'infinità di emozioni belle che, restandomene sempre incollata con i piedi per terra, mi ero preclusa. Avrei potuto vivere mille vite incontrandole nelle città in cui atterravo e mangiare mille pietanze là dove qualcuno le aveva inventate. Avrei imparato parole nuove e, in qualche caso inutili (la sola parola parola che ho memorizzato nel mio viaggio nei campi profughi al confine tra Mali e Algeria è stata gatto), ma sarei tornata a casa con un bagaglio diverso.
Perché in ogni aeroporto in cui sono atterrata e dal quale sono ripartita ho lasciato qualcosa di me, scambiandolo con qualcosa di ciò che avevano le persone che incontravo. Ogni viaggio che ho fatto mi ha cambiata e, credo, migliorata: in mezzo a chi non aveva niente ho imparato il valore della sostanza, in mezzo a chi aveva tutto quello dell'apparenza. Ho sospeso il giudizio, azzerato le aspettative, ogni volta in cui ho messo piede in un Paese di cui avevo letto "tutto" ma non conoscevo niente. E non sono mai, mai, rimasta delusa.
Ho scoperto che bello e brutto non sono categorie dei luoghi ma delle persone che li abitano. Viaggiare dovrebbe essere un diritto di ogni essere umano, per questo chiunque attenti ad esso è un guerrigliero dell'ignoranza a cui dobbiamo tentare di resistere con ogni mezzo. Che in questo momento mi sfugge, il mezzo dico, perché sono così atterrita che mi verrebbe da fare a coriandoli il mio passaporto, chiudermi in casa e ficcare il naso in un libro per non rialzarlo più.

Perché non posso permettere al male del mondo, quello che mi vorrebbe fuori da un aeroporto, da una sala concerti, da una stazione della metro, da un bar o da uno stadio, di fare di me una donna pigra, spaventata e ignorante. Perché io voglio vivere mille vite in una, respirare miliardi di profumi, camminare su infinite strade, e stringere tutte le mani, di tutti i colori, che incontrerò. E voglio farlo col sorriso della fiducia, non con la smorfia della paura."



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